LA CORTE D'APPELLO 
 
    Nel procedimento penale nei confronti di  H.P.  alias  S.B.C.  in
atti generalizzato (avv.  Flavio  MOSCATT  del  Foro  di  Rimini)  n.
1823/2008 R.G.APP. 
    Visti gli atti e sentite le parti 
 
                               Osserva 
 
    1. H.P. alias S.B.C. veniva tratto a giudizio avanti il Tribunale
di Ravenna per rispondere di: violenza sessuale continuata  ai  danni
di due cittadine straniere; induzione, avviamento, favoreggiamento  e
sfruttamento della prostituzione di entrambe; costrizione di  una  di
queste ad interrompere la gravidanza, fra il  giugno  e  i  primi  di
luglio 2002. 
    Il Tribunale con sentenza 9 giugno 2006, lo  condannava,  con  la
continuazione, ad anni 8 di reclusione oltre le pene accessorie. 
    2.  Propone  appello  a  seguito  di  rimessione  in  termini  il
difensore dell'imputato, chiedendo col  primo  motivo  assoluzione  e
deducendo che la condanna si era fondata  sulle  dichiarazioni  delle
p.o.,  una  delle  quali  mai  sentita  in  dibattimento  essendosene
volontariamente sottratta,  e  quindi  in  violazione  dell'art.  111
Cost., e che non erano a tal fine ne'  coerenti  ne'  riscontrate  le
dichiarazioni  stesse,  e  insufficienti   gli   ulteriori   elementi
acquisiti. 
    Col secondo motivo si chiede una  rivalutazione  verso  il  basso
della pena inflitta, eccessiva in ragione della giovane  eta',  della
custodia in carcere sofferta, dei precedenti risalenti e scontati. 
    Con motivi nuovi del 21 gennaio 2013 si ribadisce l'insussistenza
di  riscontri  alle  dichiarazioni  delle  p.o.  se  non  per  indizi
insufficienti, per nulla gravi precisi e concordanti; si  deduce  che
gli  aumenti  per   la   continuazione   erano   comunque   gravi   e
sproporzionati. 
    3. Con ulteriore memoria in pari data  si  propone  questione  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 175 c. 2 c.p.p. per contrasto
con gli articoli 3, 24 e 111 Cost. nella parte in cui per  l'imputato
restituito nel termine per non aver avuto notizia  del  procedimento,
non prevede la nullita' della sentenza di condanna e la  trasmissione
degli atti al giudice di primo grado, o in alternativa  non  consente
la possibilita' di accedere a patteggiamento o giudizio abbreviato, o
di proporre prove o questioni preliminari. 
    Non erano  infatti  paragonabili  le  situazioni  di  chi  era  a
conoscenza del procedimento ma non della sentenza (che  correttamente
viene rimesso in termini per la sola impugnazione) e di chi non era a
conoscenza neppure del procedimento: l'equiparazione  frettolosamente
prevista dal d.l. 17/2005 era contraria ai principi costituzionali  e
non corretta; piu' adeguatamente si sarebbe dovuto prevedere  che  la
conseguenza  fosse  la  nullita'  della  prima  sentenza  e  non   la
possibilita' di appellarla, che ingiustamente privava  l'imputato  di
tutte le facolta' inerenti un duplice grado di giudizio di merito. 
    Di  qui  l'ingiustificata  disparita'  di  trattamento   fra   la
situazione dell'imputato e quella di  chi  aveva  potuto  partecipare
normalmente e attivamente al giudizio di primo grado. 
    In  subordine  appariva  evidente  il  contrasto  con  le   norme
costituzionali citate per la preclusione derivante all'imputato,  per
ragioni estranee alla  sua  volonta',  dalle  decadenze  sancite  per
l'esercizio delle facolta' di cui agli artt. 438, 444, 468, 491 e 555
c.p.p., che la rimessione in termine non aveva sanato; risultava  del
resto  dallo  stesso  provvedimento  di  rimessione  che  l'imputato,
dichiarato irreperibile e con un difensore di ufficio  nominato,  mai
aveva  avuto  conoscenza  del   procedimento   sino   all'ordine   di
carcerazione a seguito della mancata impugnazione della  sentenza  di
primo  grado.  In  via  gradata,  si  chiede,  "con   interpretazione
estensiva o analogica  di  altre  norme  penali"  di  pronunciare  la
nullita' del procedimento di  primo  grado  ovvero  di  rimettere  in
termini l'imputato per poter  esercitare  in  questo  grado  tutti  i
diritti e le facolta' non esercitate in primo grado e quindi proporre
questioni  preliminari  sull'incompetenza  territoriale,   richiedere
applicazione della pena,  giudizio  abbreviato,  indicare  testimoni,
chiedere la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale. 
    4. La Corte ritiene la questione di  legittimita'  costituzionale
eccepita  sotto  diversi  profili  rilevante  e  non   manifestamente
infondata, anche per aspetti ulteriori rispetto a quelli  evidenziati
dal difensore. Si premette che  in  questa  sede  si  deve  decidere,
secondo il criterio del giudizio dibattimentale,  sulla  impugnazione
proposta dal difensore dell'imputato, rimesso nel termine ex art. 175
c.p.p. per non aver avuto effettiva conoscenza sia  del  procedimento
che del provvedimento, ed essere stato dichiarato  contumace  e  piu'
volte irreperibile. 
    Il difensore chiede che  in  concreto  (e  subordinatamente  alla
eccezione  di  illegittimita'  costituzionale)  venga  dichiarata  la
nullita' del procedimento di primo grado, o  di  essere  rimesso  nei
termini per esercitare facolta' inerenti lo  stesso  procedimento  di
primo grado, diverse delle quali (ma non tutte) precluse nel giudizio
di appello: sono  tali  quelle  inerenti  eccezione  di  incompetenza
territoriale,  le  richiesta  di  applicazione  pena,   di   giudizio
abbreviato, di indicazione di  testimoni  con  la  stessa  latitudine
prevista per il primo grado ed evidentemente non coi limiti dell'art.
603 c.p.p.. 
    Sotto questi profili la questione  appare  rilevante  perche'  in
concreto la Corte non potrebbe accogliere nessuna di dette richieste:
la prima per il principio di tassativita' delle  nullita'  (art.  177
c.p.p.) in correlazione con l'art. 604 c.p.p,. e  per  il  fatto  che
l'art.  179  c.p.p.  non  contempla  accanto  alla  omessa  citazione
dell'imputato, il caso in cui lo stesso  non  abbia  avuto  effettiva
conoscenza del procedimento; le altre  perche',  in  presenza  di  un
preciso sistema di decadenze scandite sotto il  profilo  temporale  e
procedimentale, non potrebbe dare ingresso ad eccezioni di competenza
territoriale diverse da quella  dell'art.  23  c.  1  c.p.p.  se  non
eccepite in primo grado e riproposte,  ne'  alla  richiesta  di  riti
alternativi, ne' di richieste probatorie oltre i limiti dell'art. 603
c.p.p., neppure con una interpretazione  adeguatrice  o  "conforme  a
costituzione". 
    5.  La  questione   dell'esercizio   del   diritto   alla   prova
dell'imputato rimesso in  termini  fu  gia'  affrontata  dalla  Corte
costituzionale nella sentenza n. 317  del  2009,  quando  una  simile
questione  sollevata  dalla  Corte  di   Cassazione   fu   dichiarata
inammissibile per difetto di rilevanza, in  relazione  all'art.  175,
comma 2, cod. proc. pen., impugnato in  riferimento  agli  artt.  24,
111, primo comma, e 117, primo comma, Cost., "nella parte in cui  non
consente all'imputato restituito nel termine l'esercizio del  diritto
alla prova. Considerato che il procedimento principale pende  davanti
al giudice della legittimita', la  questione  si  presenta,  infatti,
come astratta e prematura: se rimesso nel termine, l'imputato  potra'
proporre l'acquisizione di nuove prove nel giudizio di merito, ed  e'
in  quella  sede  che  potra'  eventualmente  sorgere   il   problema
dell'esercizio del suo  diritto  alla  prova,  asseritamente  violato
dalla norma censurata". 
    In quella sentenza il giudice  remittente  aveva  precisato  come
l'art. 6 della Convenzione europea per la  salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo, nella costante lettura  datane  dalla  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo, garantisca all'accusato il diritto di  partecipare
al giudizio penale che lo riguarda, ed il diritto altresi', quando il
giudizio si svolga senza  che  l'interessato  ne  abbia  contezza,  a
misure ripristinatorie che rendano  effettivo  l'esercizio  personale
della difesa. La previsione convenzionale, in relazione  al  disposto
del primo comma  dell'art.  117  Cost.,  assume  il  rango  di  fonte
interposta, cui il diritto interno deve conformarsi,  sempre  che  la
fonte sovranazionale esprima una norma  compatibile  con  il  dettato
della  Costituzione  ed  assicuri  un  corretto   bilanciamento   tra
l'esigenza di assicurare  l'osservanza  degli  obblighi  assunti  sul
piano internazionale e la tutela di altri beni di adeguata  rilevanza
costituzionale. 
    Il giudice delle leggi precisava che la Corte europea dei diritti
dell'uomo aveva interpretato l'art. 6 CEDU con una serie di pronunce,
nelle quali ha dedotto dalla disposizione citata della Convenzione  -
in particolare dal  comma  3  -  un  gruppo  di  regole  di  garanzia
processuale rilevanti per le quali: a) l'imputato ha  il  diritto  di
esser presente al processo svolto a suo carico;  b)  lo  stesso  puo'
rinunciare  volontariamente  all'esercizio  di   tale   diritto;   c)
l'imputato deve essere consapevole dell'esistenza di un processo  nei
suoi  confronti;  d)   devono   esistere   strumenti   preventivi   o
ripristinatori,  per  evitare  processi   a   carico   di   contumaci
inconsapevoli, o per assicurare in un nuovo giudizio, anche  mediante
la produzione di nuove prove, il diritto di difesa che non  e'  stato
possibile esercitare personalmente  nel  processo  contumaciale  gia'
concluso. 
    Inoltre  la   valutazione   della   questione   di   legittimita'
costituzionale concernente l'art.  175,  comma  2,  cod.  proc.  pen.
doveva essere condotta in riferimento congiunto ai parametri  di  cui
agli artt. 117, primo comma - in relazione  all'art.  6  CEDU,  quale
interpretato dalla Corte di Strasburgo  -  24  e  111,  primo  comma,
Cost., vista la compenetrazione delle tutele offerte  da  queste  tre
norme, ai fini di un adeguato esercizio del diritto di difesa. 
    6. Tanto premesso, questa Corte ritiene in primo luogo che,  come
osserva il difensore, non siano equiparabili le posizioni di chi  non
abbia avuto conoscenza del procedimento e non  abbia  volontariamente
rinunciato a comparire, e di chi non abbia avuto effettiva conoscenza
del solo provvedimento  e  non  abbia  volontariamente  rinunciato  a
proporre impugnazione, situazione che il legislatore invece parifica,
consentendo  ad  entrambi  la  rimessione  in  termini  per  la  sola
impugnazione; in secondo luogo, che vi sia una sostanziale diversita'
di posizioni tra l'imputato che non sia stato citato per il giudizio,
e/o non sia stato citato per l'udienza preliminare, e quello  che  di
detta citazione non abbia avuto effettiva conoscenza, (per non  avere
avuto conoscenza del procedimento), purche' accertata  attraverso  il
provvedimento favorevole di rimessione in  termini,  e  che  l'omessa
previsione di una causa ulteriore di nullita' insanabile  per  questo
caso (non introducibile per  via  di  interpretazione  adeguatrice  o
costituzionalmente  orientata  in   violazione   del   principio   di
tassativita' delle nullita')  possa  comportare  un  trattamento  non
ragionevolmente uguale per  situazioni  difformi,  e  un  trattamento
difforme e non ragionevole  per  situazioni  assimilabili,  e  quindi
possa violare l'art. 3 Cost. 
    Anche gli artt. 24 e  111  appaiono  comunque  rilevanti  per  la
definizione  della  questione,  posto  che  il  diritto  di   difesa,
inviolabile in ogni stato e grado del  procedimento,  potrebbe  dirsi
irragionevolmente  compresso  dalla  impossibilita'  di  proporre   o
riproporre, a colui che e'  stato  rimesso  in  termini,  per  omessa
conoscenza del procedimento, tutti quei  mezzi  difensivi,  non  solo
istruttori, che il processo penale consente a chi e' messo  in  grado
di  parteciparvi  consapevolmente,  come   la   richiesta   di   riti
alternativi o la proposizione di eccezioni preliminari. 
    L'art. 111, 3° co. Cost. garantisce poi l'informazione  nel  piu'
breve tempo possibile dell'accusa  mossa,  assicura  il  tempo  e  le
condizioni per preparare la difesa, e il diritto  ad  ogni  mezzo  di
prova,  che  possono  risultare  ingiustificatamente  affievolito   o
compromesso dalle preclusioni in primo grado  maturate  o  dalle  non
altrettanto ampie previsioni degli artt . 603 e 604 c.p.p. 
    Viene infine in rilievo a parere di questa Corte anche l'art. 117
1° co. Cost. quale fonte di introduzione nel nostro ordinamento delle
norme interposte CEDU, nella interpretazione fornitane dalla Corte di
Strasburgo,  per  la   quale,   come   sopra   notato   dalla   Corte
costituzionale,    devono    esistere    strumenti    preventivi    o
ripristinatori,  per  evitare  processi   a   carico   di   contumaci
inconsapevoli, e soprattutto per assicurare  in  un  nuovo  giudizio,
anche mediante la produzione di nuove prove, il diritto di difesa che
non  e'  stato  possibile  esercitare  personalmente   nel   processo
contumaciale gia' concluso. 
    7. Di qui il dubbio e il giudizio di non  manifesta  infondatezza
relativamente alla questione  di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 175, 178 lett. c), 179, 604  c.p.p.  nella  parte  in  cui  non
prevedono fra le cause di nullita' della sentenza di primo grado -  o
del decreto di rinvio a  giudizio  o  di  citazione  a  giudizio  con
derivata nullita' della sentenza di primo  grado  -  con  conseguente
rimessione al primo giudice, l'omessa conoscenza del procedimento  da
parte  dell'imputato  rimesso  in   termini.   Pur   in   un   quadro
costituzionale ed ordinamentale in cui non appare soluzione obbligata
il doppio grado di giudizio di  merito,  il  rimedio  della  nullita'
appare adeguato e conforme alla possibilita' per il contumace rimesso
in termini di esercitare tutte le facolta' difensive  non  svolte  in
primo grado, comprese quelle richieste dalla difesa dell'appellante. 
    Non  sarebbe  possibile  ovviare  alle  conseguenze  in   ipotesi
contrastanti con il dettato costituzionale  mediante  interpretazione
adeguatrice o costituzionalmente orientata di  dette  norme,  per  il
collidente principio di tassativita' delle nullita'. 
    Non rientrerebbe infine detta declaratoria  a  parere  di  questa
Corte nello spazio di discrezionalita' di competenza della sfera  del
legislatore, poiche' non si tratterebbe di esercitare una scelta  tra
diverse possibili opzioni di politica legislativa, ma  di  aggiungere
al catalogo delle nullita' una ulteriore precisa  e  tassativa  causa
per elidere le conseguenze della predetta situazione, che sembrerebbe
in  contrasto  con  il  principio  di  attribuzione  di   trattamenti
equipollenti  a  situazioni  identiche,   sotteso   al   fondamentale
principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost., e con uno strumento
ripristinatorio che assicuri in un nuovo giudizio, anche mediante  la
produzione di nuove prove, il diritto di  difesa  che  non  e'  stato
possibile esercitare personalmente  nel  processo  contumaciale  gia'
concluso, come espresso dalla CEDU. 
    8. In aggiunta o in alternativa, e per tutte  le  stesse  ragioni
innanzi esposte, appare a questa Corte rilevante e non manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 175
e 603 c.p.p., e per contrasto con le medesime  norme  costituzionali,
nella parte in cui non consentono all'imputato  rimesso  nei  termini
per omessa conoscenza del procedimento, di  esercitare  in  grado  di
appello e con la medesima ampiezza, le facolta'  di  cui  agli  artt.
438, 444, 468, 491 e 555 c.p.p., posto che secondo la  lettera  delle
citate norme, il sistema processuale con  le  relative  decadenze,  e
comunque  secondo  la  interpretazione  datane  dal  diritto  vivente
giurisprudenziale, dette facolta' non rientrano e non  rientrerebbero
con la medesima estensione, nei diritti concessi all'appellante e nei
poteri concessi al giudice di appello dall'art. 603 c.p.p.,  che  non
prevede la facolta' di richiedere riti alternativi,  sollevare  molte
delle questioni preliminari relative a fasi precedenti il giudizio di
primo grado, e subordina l'assunzione di prove nuove non sopravvenute
o scoperte dopo il giudizio di  primo  grado  o  la  riassunzione  di
quelle gia' acquisite, alla decisione del giudice di  non  essere  in
grado di decidere allo stato  degli  atti,  disposizione  questa  che
appare particolarmente distonica rispetto alle indicazioni CEDU sulla
menzionata necessita' di assicurare anche mediante la  Produzione  di
nuove prove,  il  diritto  di  difesa  che  non  e'  stato  possibile
esercitare personalmente nel processo contumaciale gia' concluso. 
    Anche in questa ipotesi non ci  si  sostituirebbe  impropriamente
alle predette  esclusive  scelte  legislative,  essendo  univocamente
determinato l'intervento "additivo" prospettabile. 
    Gli atti vanno quindi trasmessi alla Corte costituzionale per  la
soluzione  delle  questioni  di  costituzionalita'   sollevate,   con
sospensione del giudizio in corso sino  alla  relativa  pronuncia  ex
art. 23 l. 87/53, e conseguente sospensione  della  prescrizione  dei
reati contestati ex art. 159 c.p.